Presentazione mostra “Van Gogh – Un grande fuoco nel cuore”.

 

Il titolo della mostra è ispirato dal testo di una delle bellissime ed intense lettere che Vincent Van Gogh scrisse al fratello Theo. La lettera è datata Cuesmes luglio 1880: Quello che uno ha dentro traspare anche al di fuori. Uno ha un grande fuoco nel cuore e nessuno viene mai a scaldarcisi vicino, e i passanti non vedono che un poco di fumo in cima al camino e poi se ne vanno per la loro strada. E ora che fare, mantenere quel fuoco interno attendere pazientemente eppur con tanta impazienza, attendere il momento in cui qualcuno vorrà sedersi davanti e magari fermarsi? Chiunque crede in Dio attende che venga la sua ora un momento o l’altro.

 

Arcinote sono le tele di Van Gogh e quindi arcinota la sua creatività pittorica; meno nota la sua creatività letteraria. Le sue lettere sono dei veri gioielli, una vera sorpresa per chi le legge, contengono riflessioni e frasi di una bellezza folgorante, che si rivelano indispensabili per la reale comprensione della sua opera; anche le lettere sono delle vere e proprie opere letterarie che si affiancano inscindibilmente alle sue tele (come accade nei pannelli della mostra che stiamo presentando).

Scrive a Theo, nel 1882 : “ Che cosa sono io agli occhi della gente, un eccentrico, una nullità,…eppure vorrei che le mie opere mostrassero ciò che c’è nel cuore di questo eccentrico, di questo nessuno….”

L’epistolario ci mostra il vero Van Gogh, quello che lui realmente è e quello che con la sua arte vuole comunicare: un uomo arso dal desiderio di Infinito; infinito che riusciva ad intravedere, ad intuire nella realtà.

Vincent intuisce l’Infinito nelle stelle e riesce a vederlo negli occhi di un bambino in una culla, scrive: “Un bambino nella culla se lo si osserva con calma ha l’Infinito negli occhi”...ed aveva precedentemente scritto: “Se si sente il bisogno di qualche cosa che ci faccia sentire la presenza di Dio, non c’è bisogno di andare lontano per trovarlo. Penso a volte di vedere qualcosa di più profondo e di infinito, di più eterno che nell’oceano, negli occhi di un bimbo quando si sveglia al mattino e ride..”

E scrive ancora: “Se tutto ciò che facciamo si affaccia sull’Infinito, si lavora più serenamente”…. “Ora et labora. Compiamo il nostro lavoro giornaliero, qualunque esso sia, con tutte le nostre forze, fiduciosi che Dio spargerà i suoi doni su quelli che Glieli chiedono. E sarà questa la parte che non ci verrà portata via”.

Frasi tanto semplici quanto concrete che rivelano la profondità del pensiero e dell’animo di Vincent.

Ora se ben riflettiamo, che cosa è scorgere l’Infinito negli occhi di un bambino se non avere uno sguardo profondamente cristiano sulla realtà? Se non che una modalità di rendere il proprio senso religioso un fatto vissuto, visto nel presente?

Lavorare, adoperarsi, pur senza alcun soddisfacente risultato (come è stato per Vincent che ha venduto un solo quadro in vita) ma con tutto il nostro impegno e con lo sguardo sull’Infinito; con la consapevolezza che tutto si spalanca sull’Infinito e quindi lavorare con serenità; cos’altro è se non la consapevolezza che tutto ciò che facciamo di operoso, pur senza risultati apparenti, è concorrere semplicemente alla costruzione del Regno di Dio? E’ quella parte che, appunto, non ci verrà portata via?

Vincent era figlio di un pastore protestante, avrebbe voluto seguire le orme del padre, da giovanissimo legge la Bibbia e consce approfonditamente le scritture sacre, diventa predicatore evangelico, si fa povero tra i poveri; ma ad un certo punto entra in conflitto con il padre e in apparenza sembra voltare le spalle alla religione; chiude con la pratica religiosa, ma in realtà chiude solo con una religiosità vissuta in modo formale. Di fatto però non chiude mai la porta del suo cuore al Mistero, a Cristo.

Le sue tele e le sue lettere gridano questo suo inestinguibile desiderio di Oltre, di religiosità che gli brucia dentro, gridano la sua domanda di Infinito.

La profonda spiritualità di Van Gogh che emerge imponente dalle sue lettere (che spesso spiegano passo passo la nascita dei suoi quadri e quindi il reale significato delle sue tele) è stata completamente obliterata dalla critica dell’arte, spesso tesa a dare la più fruibile immagine di pittore maledetto, tormentato dai suoi disturbi psichiatrici e dal fallimento delle sue relazioni amorose ed amicali.

I critici ed i libri di storia dell’arte trascurano totalmente la rilevanza del dispiegarsi e dell’entrare in crisi della sua fede nella vita e nell’opera di Van Gogh. Molti amanti della sua pittura ignorano persino il suo passato di predicatore evangelico.

La profonda religiosità di Vincent si concretizza nelle sue opere, nell’uso sapiente del colore e delle immagini, ma si concretizza anche nel suo epistolario in cui seguiamo l’evolversi della sua vita e della sua opera (intessute una nell’altra).

Dall’epistolario apprendiamo come egli si sentisse “homo viator”; egli visse e concepì la vita come un lungo cammino, un pellegrinaggio, durante il quale sempre è stata spasmodica la ricerca di una compagnia. Esplicita così questo pensiero: “Quando si vive con gli altri e si è uniti da un affetto sincero, si è consapevoli di avere una ragione di vita….abbiamo bisogno l’uno dell’altro per compiere lo stesso cammino come compagni di viaggio” il vero senso di libertà dalla gabbia dell’esistenza.. lo si trova “ in un affetto profondo, serio. Essere amici, essere fratelli, amare, spalanca la prigione per grazia potente…chi non riesce ad avere questo rimane chiuso nella morte…”.

Dalle lettere apprendiamo il suo profondo e fraterno legame con il fratello Theo (l’unico che non ha mai smesso di accompagnarlo credendo in lui e nelle sue capacità) e che lo ha sempre sostenuto nel cammino.

Dalle lettere apprendiamo come tanti dei ritratti che lui dipinge, non sono altro che i ritratti delle persone –poche e semplici- che lui ha amato nella sua vita, con cui ha intessuto dei veri rapporti di amicizia, che lo hanno accompagnato lungo alcuni tratti di strada. Vincent è stato sempre alla ricerca di rapporti di amicizia e di amore. Ha ricercato questi rapporti sempre tra le persone più semplici (scappa da Parigi nauseato dal bel mondo e da molti artisti solo alla ricerca del successo) esalta la vita dei campi, le figure dei contadini che rievocano figure ed immagini evangeliche (il seminatore, lo zappatore, gli ulivi…)   e che con il loro lavoro semplice santificano le loro vite.

Nelle lettere scrive ed esprime il suo desiderio di dipingere uomini e donne che evochino le figure dei santi che un tempo venivano dipinti con l’aureola e lui stesso ci dice come gli sfondi dei suoi ritratti, altro non siano che delle aureole o un modo per esprimere il rapporto tra la persona e l’Infinito.

Van Gogh ci aiuta a spalancarci sull’Infinito. La sua penna ed il suo pennello ci aiutano a ricordare che il cuore di ogni uomo, quindi anche il nostro cuore, quello di ognuno di noi qui presente, è fatto per l’Infinito, per la Bellezza totale e assoluta.

In mostra succede che si incontri il vero Van Gogh, un uomo che con la sua vibrazione drammatica, ci aiuta ad alzare lo sguardo sulle stelle (tutti conoscono gli stupendi cieli stellati di Van Gogh con i suoi splendidi colori) a spalancare il cuore, per arrivare alla verità del nostro essere. Siamo esseri de-sideranti, mendicanti di stelle, di Infinito.

La mostra è un viaggio nel cuore di un uomo e “dell’uomo”. L’incontro con l’anima fragile di Vincent ci consente di riconoscere anche un po’ di noi stessi, le nostre domande, i nostri dubbi, le nostre fragilità, la nostra sete di stelle, la nostra necessità di risposte significative alle nostre domande di senso; domande che sono esattamente le stesse di Vincent.

 

Vincent ci aiuta con la sua arte (pittorica e letteraria) a fare delle grandi scoperte sull’uomo. L’arte è una bella strada per scoprire ciò che si cela nell’animo umano. Gli artisti, attraverso il talento loro donato, sanno farsi, meglio dell’uomo comune, interpreti di ciò che è nel cuore di tutti. L’arte è una delle nuove forme di evangelizzazione suggeriteci anche da Papa Francesco nella sua esortazione apostolica Evangelii Gaudium, in cui, al punto 167, ci dice: E’ bene che ogni catechesi presti una speciale attenzione alla via della bellezza (via pulchritudinis). Annunciare Cristo significa mostrare che credere in Lui e seguirlo non è solamente una cosa vera e giusta, ma anche bella, capace di colmare la vita di un nuovo splendore e di una gioia profonda, anche in mezzo alle prove. In questa prospettiva tutte le espressioni di autentica bellezza possono essere riconosciute come un sentiero che aiuta ad incontrarsi con il Signore Gesù...dunque si rende necessario che la formazione nella “via pulchritudinis” sia inserita nella trasmissione della fede. E’ auspicabile che ogni Chiesa particolare promuova l’uso delle arti nella Sua opera evangelizzatrice, in continuità con la ricchezza del passato ma anche nella vastità delle sue molteplici espressioni attuali al fine di trasmettere la fede in un nuovo linguaggio parabolico….bisogna avere il coraggio di trovare nuovi segni …. nuova carne..per la trasmissione della parola….comprese quelle modalità non convenzionali di bellezza che possono essere poco significative per gli evangelizzatori ma che sono diventate particolarmente attraenti per gli altri”.

Per questo noi ringraziamo particolarmente il nostro Vescovo che, sicuramente condividendo le parole del Santo Padre, non è mai mancato alle presentazioni delle mostre del nostro centro culturale, organizzate sempre con il desiderio di portare una testimonianza cristiana nella nostra città. Il centro è costituito da un gruppo di amici che, come me, hanno fatto un incontro che ha cambiato la loro vita, che come dice don Giussani “ha cambiato il modo di guardare, di percepire la realtà, di valutare la realtà, di progettare la realtà” un incontro che “dal punto di vista sociale, rende costruttori di umanità”.. e da questo incontro si “genera una conversione che è sorgente di cultura nuova che si traduce in… iniziative frutto della gratitudine e dell’entusiasmo di ciò che si è incontrato…una compagnia che ha reso presenza qualcosa d’altro per noi, in quanto ci ha richiamato ad un’appartenenza più profonda”.

 

Una gratitudine che ci spinge ad organizzare queste mostre e che quest’anno ci ha fatto decidere ad aprirci (ad uscire fuori come dice Papa Francesco) ed a coinvolgere anche altre realtà del nostro territorio, realtà in cui l’arte e la bellezza sono pane quotidiano: l’Accademia di Belle Arti ed il Conservatorio di Musica Licinio Refice. Siamo grati ai rispettivi direttori e presidenti che non hanno esitato ad implicarsi nel nostro progetto oltre che ai docenti ed agli studenti che hanno realizzato e realizzeranno parti dello stesso.

All’interno della mostra, perciò, troverete una splendida ricostruzione della famosa tela “stanza da letto” di Van Gogh, realizzata dal corso di scenografia dell’Accademia con i ragazzi e le docenti Silvana Suppa e Alyssa Braschi Per i bambini delle scuole elementari saranno realizzati dei laboratori, a cura del corso di pittura, con gli allievi e la docente del corso di pittura Eleonora Pusceddu.

Il Conservatorio, invece, grazie alla collaborazione del Maestro Ramunto del sarà protagonista di una serata di musica e letture scelte, tratte ed ispirate dal corposo epistolario, che si terrà sabato 17 maggio alle 20,30, con ingresso gratuito, presso l’auditorium diocesano; serata a cui siete tutti invitati. Mi piace sottolineare come attraverso la mostra si siano instaurati dei bei rapporti umani, con molte delle persone incontrate e che, spero, saranno forieri di future collaborazioni e del consolidarsi di neonate amicizie.

Per chiudere, poiché il nostro Centro Culturale è intitolato al nuovo Santo Giovanni Paolo II mi piaceva ricordare alcune sue parole tratte dalla Lettera agli artisti del 1999 e che ben si addicono alla mostra che oggi presentiamo e che valgono per ogni forma di arte (pittura musica scultura scrittura): “Nella creazione artistica l’uomo si rivela più che mai immagine di Dio e realizza questo compito prima di tutto plasmando la stupenda “materia” della propria umanità e poi anche esercitando un dominio creativo sull’universo che lo circonda…Nel modellare un’opera, l’artista esprime di fatto se stesso a tal punto che la sua produzione costituisce un riflesso singolare del suo essere, di ciò che egli è e di come lo è... Attraverso le opere realizzate, l’artista parla e comunica con gli altri…. La storia dell’arte, perciò, non è soltanto storia di opere, ma anche di uomini”.

Ringraziamo, quindi, tutti gli amici e le autorità che hanno inteso sostenere il nostro progetto.

Il Comune di Frosinone, con il Sindaco e con gli Assessori Gianpiero Fabrizi (cultura) e Claudio Caparrelli (istruzione) che hanno consentito il Patrocinio dell’Evento; Il Presidente Remo Costantini e il Direttore Luigi Fiorletta dell’Accademia di Belle Arti, il Presidente Carlino ed il Direttore Ramunto del Conservatorio; l’Amministrazione Comunale e la Pro Loco di Boville, con cui abbiamo recentemente collaborato per la realizzazione della mostra Il Vangelo secondo Giotto di Itaca e del prof. Filippetti, che tanto si sono sentiti coinvolti ed entusiasmati dalla bellezza di queste mostre itineranti da decidere di dare un contributo per la realizzazione anche di questo evento pur realizzato fuori dalla loro città (anche a Boville è stato un imprevisto e imprevedibile fiorire di amicizie e rapporti umani …con gli amministratori e con le guide locali…e tutto semplicemente per una mostra…). Non posso non menzionare e non ricordare il prof. Roberto Filippetti, curatore di questa e molte altre mostre di Itaca, persona straordinaria che incontrerà i ragazzi delle quinte liceo il prossimo 16 maggio nell’aula magna dell’istitutoBrunelleschi ex ragioneria, per spiegare loro in parallelo l’arte di Van Gogh e quella di Pascoli. Ricordiamo, quindi, La tipografia Bortone con il nostro amico Alfonso che ogni anno concorre con il suo contributo a far sì che i nostri progetti diventino realtà e, infine, tutte le guide che da mesi gratuitamente si sono impegnate a studiare la mostra, animate e sostenute dal desiderio di raccontarla a voi tutti.

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